Affidamento dei figli: il minore infradodicenne, capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato

Affidamento dei figli: il minore infradodicenne, capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato

In tutti i procedimenti previsti dall’art. 337 bis c.c., quando si assumono provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, e anche di quello di età inferiore se capace di discernimento, è un adempimento previsto a pena di nullità.

Finalità essenziale dell’audizione è infatti quella di garantire il diritto del minore ad essere informato e a poter rappresentare al giudice le proprie considerazioni ed esigenze nell’ambito dei procedimenti che lo riguardano.

In particolare, in sede di affidamento e diritto di visita, il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore e, per tale profilo, può qualificarsi come parte in senso sostanziale, per cui ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo, a diretto contatto con l’organo giudicante.

Ne consegue pertanto che, in caso di mancato ascolto, incombe sul giudice l’obbligo di specifica e circostanziata motivazione – tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima ai dodici anni, età in cui subentra l’obbligo legale di ascolto – e che il mancato ascolto, se non sorretto da espressa motivazione su un’assenza di discernimento o sulla sussistenza di altre circostanze tali da giustificarne l’omissione, costituisce violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo.

Questi, in sintesi, i principi ribaditi dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento (n. 1474/2021 – testo in calce).

L’audizione è prescritta a pena di nullità nei procedimenti ex art. 337 bis c.c. quando si assumano provvedimenti sulla convivenza dei figli con uno dei genitori (Cass. n. 1474/2021)

I fatti di causa

All’origine della pronuncia in esame vi è un decreto del Tribunale di Pesaro, che disponeva l’affidamento congiunto ai genitori dei due figli minori con collocamento prevalente presso la madre, stabilendo le modalità e i tempi di permanenza dei bambini presso il padre e ponendo a carico di quest’ultimo un assegno di mantenimento mensile.

Il padre proponeva reclamo ma il decreto veniva confermato dalla Corte d’appello di Ancona che, per quanto qui di interesse, riteneva di non procedere all’audizione dei figli minori della coppia ritenendo l’ascolto contrario al loro interesse.

Il padre proponeva quindi ricorso per cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 315 bis, 336 bis e 337 octies c.c., nonché dell’art. 12 della Convenzione di New York e dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sui diritti dei minori.

Rilevava in proposito che la Corte d’appello aveva palesemente violato le disposizioni citate, non avendo disposto neppure l’audizione della figlia più grande, sebbene infradodicenne e quindi perfettamente in grado di esprimersi sul possibile affidamento all’uno o all’altro genitore.

L’audizione dei minori nella disciplina sovranazionale

La Corte osserva che l’audizione dei minori, già prevista dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è diventata un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardano, in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996, nonchè degli artt. 315-bis, 336-bis e 337 octies c.c..

L’ascolto del minore infraundicenne, e anche di quello di età inferiore se capace di discernimento, costituisce infatti una tra le modalità più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, oltre che un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Può quindi affermarsi che il mancato ascolto, se non sorretto da espressa motivazione su un’assenza di discernimento o sulla sussistenza di altre circostanze tali da giustificarne l’omissione, costituisce violazione del contraddittorio e dei principi del giusto processo.

In sede di affidamento e diritto di visita, il minore è infatti portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore e, per tale profilo, può quindi qualificarsi parte in senso sostanziale e ha diritto di esporre le proprie ragioni nel corso del processo, a diretto contatto con l’organo giudicante.

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Audizione del minore e partecipazione al procedimento

Ne discende che in tutti i procedimenti previsti dall’art. 337 bis c.c., ove si assumano provvedimenti in ordine alla convivenza dei figli con uno dei genitori, l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, costituisce un adempimento previsto a pena di nullità, in relazione al quale incombe sul giudice un obbligo di specifica e circostanziata motivazione, tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima ai dodici anni, oltre i quali subentra l’obbligo legale di ascolto.

La motivazione si impone non solo se il minore infradodicenne è incapace di discernimento, o si ritiene la sua audizione manifestamente superflua o in contrasto con il suo interesse, ma anche quando il giudice opta per un ascolto nel corso di indagini peritali o ad opera di un esperto al di fuori di tale incarico.

Questo perché – osserva la Cassazione – l’ascolto diretto da parte del giudice consente una partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda, mentre la consulenza prende in esame altri fattori, quali la personalità, la capacità di accudimento e di educazione dei genitori o la loro relazione con il figlio.

L’esame del caso concreto

Muovendo da tali premesse è opinione della Corte che il giudice d’appello abbia palesemente disatteso i principi su esposti.

Pur avendo affermato che l’ascolto dei minori costituisce uno degli strumenti di maggiore incisività per conseguire il loro interesse, la Corte territoriale ha infatti escluso anche l’audizione della figlia maggiore della coppia e questo malgrado la bimba avesse ormai superato gli undici anni e fosse quindi molto vicina all’età in cui subentra l’obbligo legale di ascolto.

Senza motivare perché l’audizione della minore fosse per lei pregiudizievole e senza escluderne in alcun modo la capacità di discernimento o dar conto di eventuali disturbi della personalità, pressioni, suggestioni o altre plausibili e concrete ragioni che ne sconsigliassero l’esame, la Corte si è limitata a generiche considerazioni circa la situazione conflittuale tra le parti, peraltro esistente in tutti i procedimenti ex art. 337 bis c.c..

Il giudice d’appello ha quindi confermato di non aver affatto compreso la finalità essenziale dell’audizione, ovvero quella di garantire il diritto del minore di poter rappresentare al giudice le proprie considerazioni ed esigenze in ordine alle modalità di affidamento.

Conclusioni

Muovendo da quest’analisi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, demandandole di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Autore: Avvocato Irene Marconi